I figli degli immigrati

Ovvero: come evitare di diventare bamboccioni

06/01/2010 | Di Claudio_VL | Commenti: 0

Ieri ho parlato della Malesia, e delle leggi per proteggere una maggioranza da una minoranza. Scrivendo quell'articolo, ho ripensato alle parole di un amico italiano, insegnante in una scuola media piemontese. Dice che gli allievi figli di immigrati romeni e albanesi, a scuola, sono molto piu interessati alle lezioni, rispetto ai bambini italiani. Fanno piu' domande, pretendono risposte piu' sensate dagli insegnanti, zittiscono i compagni di scuola - spesso italiani - che disturbano. In parole povere, vanno a scuola non solo per dovere, ma perche' vogliono qualcosa, dalla scuola. Emancipazione, un futuro meno duro di quello dei loro genitori, la possibilita' di scegliere cosa fare della loro vita.

Nel frattempo, gli italiani che vanno a vivere all'estero fanno cose simili: anche se vengono assunti da Yahoo! o da aziende londinesi di e-commerce o finanziarie, vanno a vivere in appartamenti condivisi con altre persone per ridurre i costi e mettere da parte soldi, e nel giro di pochi anni di solito comprano casa all'estero o in Italia.

Nel frattempo, ragazzi e ragazze italiani tra i trenta e i quaranta vivono coi genitori perche' il loro stipendio non permette l'acquisto di una casa libera su quattro lati, con qualche camera da letto ("casomai arrivassero degli ospiti", dicono), e con bei mobili ("dai, mica posso comperare i mobili all'Ikea, voglio che durino!"). Andare a vivere da soli si', ma senza rinunciare allo stile di vita di cui si godeva vivendo con i genitori, eh?

Ecco quanto scrissi due anni fa in questa pagina, in occasione della polemica sui "bamboccioni" creata da una frase dell'allora ministro Padoa-Schioppa:

Giorni fa, il sito di Beppe Grillo ha ospitato una risposta al ministro Padoa-Schioppa. La risposta, tentando di dimostrare l'impossibilita' di mettere in pratica cio' che il ministro auspica (lasciare la famiglia e vivere da soli), mostra solo quanto siamo lontani dall'idea di fare sacrifici per ottenere cio' che desideriamo.

L'autore della lettera sul blog di Grillo, pur con stipendio basso e buon senso dell'umorismo (caratteristiche che me lo rendono simpatico), pare persino piu' viziato e bamboccione di me ... per lasciare casa vuole acquistarne una immediatamente. Niente alternative? Io sono stato in affitto in due posti, prima di comprare casa.

In neretto le frasi da beppegrillo.it:

La dovr? arredare (la casa), ovviamente, mica posso dormire per terra....

Mi consenta... dormire per terra si puo'. Magari non per anni, ma un materasso sul pavimento e' una soluzione comune, chieda ad amici italiani (operai, laureati, programmatori) che si sono trasferiti all'estero. E se l'abbiamo fatto noi, con moquette dense come foreste amazzoniche a pochi centimetri dal naso, puoi farlo anche tu.

Per ora posso accontentarmi di una cucina, un tavolo con 4 sedie, un divano a due posti , un mobile tv, un letto matrimoniale, un armadio e due comodini... il minimo indispensabile. Mi conosco, mi sapr? adattare.

Divano a due posti? Letto matrimoniale? Tv? Comodini? La prima casa in cui ho abitato, dopo aver lasciato la casa di famiglia, la condividevo con altri due colleghi (e con un ulteriore coinquilino, per un certo periodo). Uno di loro aveva una vecchia e scalcinata Opel pagata meno di 500 sterline, l'altro viaggiava da passeggero e con i mezzi pubblici. La tv era forse a colori, forse in bianco e nero, certo minuscola, con funzionamento a giorni alterni e antenna in fil di ferro fatta in casa.

Il divano che avevamo era cosi' pulito che qualsiasi mamma media italiana l'avrebbe distrutto col napalm, a patto di arrivare prima dell'ufficio d'igiene interessato a metterlo sotto sequestro. Di sedie, in cucina, ce n'erano tre.

Il giardino lo ripulii io con minima collaborazione da parte di uno dei coinquilini, l'erbaccia era alta a sufficienza da farci temere di trovare carcasse di cani. Il letto (singolo e mediocre) lo comprai nuovo, pagando 40 sterline piu' 40 per il materasso. L'auto ce l'avevo gia', e la tenni. Fino a che non mi misi con la ragazza che poi divento' mia moglie, non andai al cinema, e anche il pub - passatempo nazionale in Inghilterra - lo frequentavo una volta alla settimana. Niente ristoranti. La mountain bike la comprai di seconda mano, ottenendo una garanzia scritta di incassare almeno il 50% del prezzo pagato al momento di restituirla (casomai avessi perso il lavoro e avessi lasciato l'Inghilterra).

Torniamo alla casa, visto che e' quello il tema. Non era a due passi dalla zona in cui lavoravo, in un'area con affitti bassi. Gli impianti luce, gas e acqua erano vecchi e qualche guasto l'abbiamo dovuto affrontare. La casa aveva due camere da letto e un mini-studio, talmente mini che dopo una settimana li' mi trasferii nell'inutilizzato mini-salotto (tre metri per cinque) che quindi divento' la mia "casa". La casa era freddina e buia, e riscaldarla - senza termosifoni - costava un capitale. Il bagno era uno solo e malandato. La cucina era malmessa. Eccetera eccetera eccetera...

Se persino io sono riuscito ad adattarmi ad uno standard di vita inferiore a quello che avevo a 'casa di mamma', credo che chiunque possa farcela. (...)

Bamboccioni veri o presunti, se volete davvero vivere per conto vostro, preparatevi a qualche sacrificio in piu'...
Perche' cito questo brano? Perche' se nei prossimi anni i figli di immigrati in Italia (romeni, albanesi, cinesi, nordafricani) riusciranno ad andare a vivere da soli piu' di frequente di quanto non facciano i loro coetanei italiani, dimostreranno che non e' colpa di stipendi e prezzi alti, se i giovani italiani non vanno a vivere da soli, ma della mancanza della capacita' di adattarsi.

Se continua cosi', anche in Italia serviranno leggi come le affirmative action messe in opera dal governo malese per difendere i malesi "malay" dai malesi "cinesi", non autoctoni nella penisola malese e molto, molto piu' attivi e desiderosi di migliorare la propria posizione sociale. Proprio come gli immigrati che arrivano in Italia.


Argomenti: abrasioni superficiali, educazione, Italia, italianità, migranti

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