Pensavo fosse Ivrea, invece era l'Islanda

Destinazione a sorpresa per il viaggio di San Valentino 2016

25/03/2016 | Di Claudio_VL | Commenti: 0



Periferia di Londra, una sera di gennaio. Marito e moglie sdraiati sul divano, davanti alla tv.

- Sarebbe bello andare a vedere la battaglia delle arance del carnevale di Ivrea, quest'anno.
- (silenzio)
- Non ti interessa? Ma se non l'hai mai visto! Dici sempre che non giriamo abbastanza l'Italia, il Carnevale di Ivrea è unico!
- (silenzio)
- Sarebbe perfetto per il weekend di San Valentino.
- (silenzio)
- Uhm... se non parli ... vuol dire che il viaggio a sorpresa per San Valentino è a Ivrea, quest'anno!!!
- (silenzio)

Giovedì 11 febbraio 2016, ore 18,05


Tra mezz'ora arriva il taxi per portarci all'aeroporto, e questo è tutto quel che so del nostro viaggio a sorpresa per San Valentino:
partenza giovedì verso le otto di sera da Heathrow, rientro lunedì verso l'ora di pranzo, destinazione ignota.

- Devo portare il costume da bagno o le calze termiche?
- Entrambi.
- Se ci sono animali inusuali mi serve il teleobiettivo, se ci sono cattedrali o altri grandi edifici devo portare il grandangolo...
- Teleobiettivo. Ma magari anche il grandangolo.


Neanche a Guantanamo riuscirebbero a far parlare mia moglie, quando non vuole dire qualcosa. In quindici anni che facciamo queste gite a sorpresa... sono sempre stato sorpreso. Non ho mai indovinato in anticipo la nostra destinazione. E dire che quand'ero bambino riuscivo quasi sempre a trovare in anticipo il mio regalo di Natale.

Verso Reykjavík


In aeroporto, a Heathrow, capisco qual'è la nostra destinazione solo al momento in cui andiamo al banco del check-in. Non è che un nome come Icelandair lasci molto spazio ai dubbi: il nostro volo è il FI450 delle venti e trenta per Reykjavík, la capitale islandese.

Sul volo, cibo a pagamento, come si usa sui voli low cost, pero' c'e' uno schermo con film e programmi tv, cosa inusuale per chi vola con Ryanair e Easyjet, ma utile in un volo di tre ore come questo. Il volo è pieno (possibile che tutti i giovedì sera ci sia il tutto esaurito sui voli verso l'Islanda?), tanti i passeggeri statunitensi. Guardo The Martian. Leggo la rivista della linea aerea, e davanti ad una pagina con facce e nomi di una ventina di dipendenti di Icelandair faccio una piccola scoperta che tanti avranno fatto prima di me: gli islandesi non usano i nomi familiari (cognomi) come noi. Tutte le dipendenti Icelandair hanno cognomi che terminano in dóttir, tutti i dipendenti maschi hanno il cognome che termina in son. Daughter and son. Quindi, se un tizio chiamato Magnús Tómasson avesse due figli, maschio e femmina, il maschio avrebbe il cognome Magnússon, la femmina avrebbe il cognome Magnúsdóttir. C'è il potenziale per un equivoco da soap opera ...

Che cosa so dell'Islanda?


Bijork e i Sugarcubes. Il vichingo Leif Erikson, primo europeo a scoprire l'America (qualche secolo prima di Colombo). Reagan e Gorbaciov si incontrarono a Reykjavík nel 1986. Bobby Fischer e il campionato mondiale di scacchi del 1972. La crisi finanziaria del 2008. I geyser. Le cascate. I vulcani, come il Eyjafjallajokull che blocco' i voli europei qualche anno fa. I nomi e toponimi impronunciabili, come in Galles. Leopardi e il suo "Dialogo della natura e di un islandese", che mi fece cambiare idea sul "noioso" Giacomino. Il thriller televisivo "Trapped", visto sulla BBC. Il parlamento islandese è uno dei più vecchi del mondo, venne fondato a Þingvellir nel 930.

Arriviamo a Keflavik


Notte islandese. Neve nell'aria. Un taxi ci porta dall'aeroporto di Keflavik alla città di Keflavik (aeroporto e città non sono vicini). Fa freddo, strade bianche, non so perche' mi tornano in mente i panorami dell'episodio di "Tassisti di notte" ambientato a Helsinki (non quello con Roberto Benigni). Accenniamo all'assenza dell'aurora boreale, il tassista non parla. In dieci minuti arriviamo all'albergo, il Park Inn. Vedo le bandiere fuori dall'hotel e prendo l'ultima nota mentale dell'itinerario: esci dall'aeroporto, segui l'unica strada verso Reykjavík, gira a sinistra per Keflavik quando vedi una strada in discesa tra due muri con un messaggio tipo "benvenuti a Keflavik"; poi arrivi a una rotonda con una scultura di tubi d'alluminio (credo) che rappresenta un uccello, poi continui a girare tra le case coperte di neve finché vedi le bandiere del Park Inn).

L'albergo è perfetto... a parte la porta d'ingresso, che si chiude mentre sto ancora attraversandola. Come se volessero chiudere in fretta, per tenere dentro il calore e fuori il freddo. Condivido, faro' più attenzione. La camera non è ne' grande ne' piccola, ci sono le solite cose (armadio, cassaforte), un letto matrimoniale che in realta' sono due letti affiancati, cuscini di dimensioni umane (non come quelli danesi), lenzuola che arrivano appena ai lati del letto. E una grande finestra con una bella vista sulla baia.


Venerdì 12, il risveglio


Ce la prendiamo comoda. Facciamo colazione, solita scelta "a buffet": prendi quel che vuoi, sono a disposizione latte e cereali, succhi di frutta e frutti veri, colazione all'inglese, caffe'. Poi cerco online un'auto a noleggio, visto che i prezzi dell'azienda suggerita dalla reception sono esorbitanti: ci sono Sixt e qualche ditta piu' piccola (Hertz, Europcar, Enterprise e le altre "grandi" hanno prezzi stranamente alti), tutte nella zona dell'aeroporto. Ci accordiamo con la reception per una navetta verso l'aeroporto, c'e' ma e' mezzogiorno (scopriremo poi che e' un taxi a pagamento, ma visto il malinteso l'hotel ci offre questa corsa); ci godiamo l'alba(alle 9,36), facciamo una passeggiata nei dintorni dell'hotel, verso il mare. Neve, gabbiani, cormorani, fotoamatori con lughi teleobiettivi Canon (quelli bianchi). Niente ristoranti in quella zona, ne' pub.



Arriva la navetta, noleggiamo da Sixt una piccola Chevrolet. Guidiamo verso Reykjavík, tanto traffico. Possibile che tutti i 320.000 islandesi siano qui, su questa strada, in questo momento? Poi proseguiamo verso nord, finiamo col passare nel tunnel Hvalfjörður, che aggira l'omonimo fiordo e fa perdere un bel pezzo di panorama, evitatelo. Per tornare indietro facciamo un lungo giro intorno al fiordo Hvalfjörður (lo ripeto perche' mi piace il nome: Hvalfjörður. Hvalfjörður. Hvalfjörður). Vediamo il tramonto sul mare alle 17,55 (la foto in alto in questa pagina). Poche, pochissime auto incontrate. Una comitiva, forse italiana, con fotocamere e cavalletti impegnata a fotografare il fiordo (Hvalfjörður, l'avrete capito). Il buio avanza, le auto si fanno sempre piu' rare, le condizioni della strada peggiorano, alcuni cartelli sono sommersi dalla neve; il panorama non fa rimpiangere questo lungo giro, ma inizio a vedere i vantaggi del tunnel, che accorcia di parecchio il percorso.



Rientriamo a Reykjavík per cena. Proviamo due ristoranti nella zona del porto, senza prenotazione non si entra. Poi un terzo, piu' piccolo e nascosto, specializzato - come gli altri due, d'altronde - in pesce. Piccolo, senza pretese e affollatissimo, ma con una coda sorprendentemente breve. Mangiamo bene, spendiamo poco, dimentichiamo immediatamente l'impronunciabile nome (ma se ci incontriamo a Reykjavík vi ci porto).


Sabato 13: il Golden Circle


Non so perché lo chiamino Circolo d'Oro, sarebbe piu' appropriato un riferimento ai geyser, alle cascate e alla neve. "The Circle Where Water Comes Up, Comes Down And Generally Freezes Everywhere" magari e' troppo lungo... sia come sia, il Golden Circle e' un percorso circolare di circa 300 km che da Reykjavík porta nell'Islanda centrale (o quasi), passando per il parco nazionale Þingvellir, la cascata Gullfoss ("cascata d'oro", magari quel "Golden Circle" deriva da questa cascata), i geyser Geysir (inattivo) e Strokkur (attivo, spruzza ogni 5-10 minuti) nella valle di Haukadalur .

Altre cose da vedere (ma che non ho visto) lungo questo percorso: il cratere del vulcano Kerið, il villaggio di Hveragerði, la chiesa di Skálholt, l'impianto geotermico di Nesjavellir/Hellisheidarvirkjun. La realta' e' che come ti giri vedi qualcosa da fotografare: dalla neve che scorre di traverso sulla strada, ai cavalli che si riscaldano a vicenda nella neve, per tacere delle montagne.



Verso la fine del Golden Circle ci fermiamo in un posto di cui abbiamo sentito parlare, The Secret Lagoon. L'Islanda e' famosa per le terme, e Blue Lagoon e' la stazione termale piu' famosa, costosa e affollata. Secret Lagoon, invece, e' meno nota, meno affollata, obiettivamente meno pittoresca ma anche meno costosa. E piu' gente c'e', meno ci si rilassa, giusto? Nell'acqua del laghetto (tiepida, calda e rovente a seconda del punto in cui decidete di sguazzare) ci sono comitive americane e inglesi, una famiglia milanese, una coppia spagnola con una sorella al seguito, qualche islandese, nessun russo. Appena fuori dal recinto che circonda il laghetto c'e' un mini-geyser da cui arriva l'acqua calda: se volete scottarvi, nuotate verso quella zona. Una signora inglese scivola sulla scalinata che porta in acqua e rimbalza per tre gradini prima di finire in acqua, per fortuna solo l'orgoglio e' ferito. L'umore dei villeggianti e' generalmente buono, magari anche per merito delle lattine di birra e dei calici di prosecco vuoti che ora costellano il bordo del laghetto. Zero alcool per me, visto che il limite consentito per chi guida e' zero.



Usciamo dall'acqua a malincuore, completiamo il Golden Circle. Passiamo oltre Reykjavík e andiamo a cena a Keflavik, non lontano dal nostro albergo. Posto romantico, i prezzi buoni, per fortuna non c'e' solo pesce, le cameriere sono da urlo (quello che trattengo a fatica quando mia moglie mi prende a calci sotto il tavolo). Mangiamo, beviamo (io solo acqua, visto che il limite consentito etc etc), torniamo in albergo, dormiamo.

L'unica auto italiana che ho visto in Islanda


Non sono un fanatico delle auto. Non mi sfugge l'ironia dei tanti dipendenti della Fiat (e indotto) che lavorano per pagare l'auto che usano per andare al lavoro per guadagnare per pagare l'auto... pero' quando visito un posto nuovo bado anche ai veicoli che vedo. E in Islanda si vedono meno auto europee che nel resto d'Europa (e molte meno Volvo che nelle altre Nazioni nordiche): ci sono tante auto giapponesi, e sorprendentemente anche alcune auto statunitensi. Ma di auto italiane non ne ho viste, zero Fiat, nessuna. Tranne una. Un'Alfa Romeo GTV che abbiamo visto tre volte, sempre sulla strada 41, che connette Reykjavík con Keflavik. In un ristorantino di Þorlákshöfn, (che si pronuncia thorlgappascion, credo) leggo di Emilíana Torrini Davíðsdóttir, cantante islandese con papa' italiano, e mi immagino che sia lei a possedere l'unica auto italiana in Islanda. Ma forse no.


Domenica 14 febbraio, San Valentino


Decidiamo di seguire la costa meridionale islandese in direzione est. Dopo un po' siamo costretti a tornare da Sixt per una spia che lampeggia sul cruscotto. Riprendiamo il nostro giro, mangiamo in un piccolo ristorante in un paesino nel nulla. Vediamo una chiesa isolata, vicino al mare, che si dice abbia protetto miracolosamente i pescatori locali. Neve ovunque, sempre e comunque. Ci rilassiamo, vediamo cose, parliamo. Vediamo la Blue Lagoon, molto bella gia' da fuori, ma d'aspetto un po' artificiale, curato meticolosamente, con un enorme parcheggio pieno di auto e decine di persone in coda all'ingresso, vicino al negozio dei souvenir. Non mi dispiace essere andato alla Secret Lagoon (non che sia vietato visitarle entrambe...).

In serata riportiamo l'auto alla Sixt, prendiamo un taxi e ci facciamo portare al ristorante dove abbiamo mangiato ieri. Finalmente posso bere un bicchiere di vino! Poi torniamo in albergo a piedi. In giro per Keflavik vediamo auto con ragazzi e ragazze allegri (e bevuti) che gridano qualcosa agli amici che passano sulle altre auto, poi ridono. I loro amici al volante sembrano sobri, il che rende superfluo camminare col passo del ghepardo per evitare eventuali auto fuori controllo. Ma continuo a buttare un occhio, quando sento un'auto avvicinarsi.



A caccia dell'aurora boreale


L'aurora boreale è una delle attrazioni piu' note dell'Islanda. Se non ne sai molto in proposito, ti aspetti che sia come andare al cinema: ti trovi al posto giusto alla solita ora e vedi lo spettacolo. La realta' è un po' più complessa: l'aurora boreale non si verifica ogni sera, e se c'è e il cielo è coperto non la vedi, e se le nuvole coprono l'Islanda in modo irregolare, a macchia di leopardo, devi spostarti per trovare il posto giusto.

Alle nove di sera arriva la nostra guida, che chiameremo Ernst. Ernst è un tassista islandese grande e grosso, e arriva col suo transporter con una famiglia inglese a bordo. Loro (marito, moglie e figlia diciottenne) vengono dal Kent, il marito parla continuamente ed è lui a dare a Ernst - il cui nome è difficile da pronunciare e quasi impossibile da trascrivere - un nome comprensibile. Paghiamo tutti una bella cifra per questa gita, tre ore a caccia dell'aurora boreale. Ernst ci porta oltre l'aeroporto, all'estremità sud-occidentale dell'Islanda, vicino ad un faro (anzi, due). Esploriamo un peschereccio issato su una piattaforma, e con Ernst l'islandese e Phil l'inglese discutiamo idee commerciali: come si fa a non aprire un pub - con tetto trasparente - da cui osservare il cielo notturno islandese? Magari immersi in acqua solforosa bollente?



Lunedi' 15, e' ora di tornare


Taxi fino all'aeroporto, il volo e' tranquillo e riceviamo un upgrade gratuito per la classe Premium Economic, con piu' spazio per reclinare i sedili e per stendere le gambe, e con bevande (anche alcooliche) omaggio. Mi sorprende vedere che sorvoliamo l'Irlanda e non la Scozia. Arriviamo a Heathrow, torniamo a casa, vado al lavoro per l'una. Ripenso alla battaglia delle arance di Ivrea, mi sarebbe piacuto rivederla, sara' per un'altra volta. Bella l'Islanda, merita una seconda visita, e probabilmente una terza.



Argomenti: destinazioni, foto, Islanda, racconti, viaggio a sorpresa per San Valentino

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