Viaggio a Taiwan 2016, 5° giorno: Beigan, case di pietra, templi, esercitazione militare

E un cane reincarnato, e il sesto villaggio delle Cinque Terre...

22/10/2016 | Di Claudio_VL | Commenti: 0
Giovedi' mattina, 20/10. Siamo sul traghetto per Beigan, un'altra delle isole dell'arcipelago Matsu, a Taiwan, il piccolo battello (50 posti a sedere, credo) si muove parecchio, e in tv c'è Donald Trump, il che non aiuta lo stomaco di chi soffre il mal di mare. In tv stanno mostrando un servizio su una turista straniera con zaino, tenda e sacco a pelo, che è stata fermata della polizia perché un tizio, vedendo una tenda piazzata nei dintorni della propria casa, ha pensato "Una tenda? Dentro ci sarà sicuramente un criminale!", e ha chiamato la polizia. La ragazza è di aspetto asiatico, ma magari è americana o altro, e si è spaventata molto vedendosi fermata dalla polizia. Il depliant turistico su "Backpacking on Matsu Islands", ritirato all'ufficio informazioni, mi pare una presa in giro, in questo momento.



Il battello per Beigan è molto più piccolo del traghetto che da Keelung ci ha portati a Nangan. Siamo seduti nella fila di posti più dietro possibile, abbiamo messo i braccialetti anti-mal di mare, ma comunque le onde si sentono. Per fortuna arriviamo a Beigan in 15 minuti. Il porto è molto più piccolo di quello di Nangan; di primo acchito, l'isola sembra meno sviluppata, e credo sia ancora più vicina alla Cina. (scopriro' poi che Beigan misura 10 chilometri quadrati, ha duemila abitanti, e che per percorrerla da un capo all'altro ci sono da fare circa 10 km.) Bella la strada sul lungomare, non sfigurerebbe in Italia. Noto un occidentale in partenza, il primo visto dal mio arrivo a Taiwan quest’anno.

Qinbi, villaggio di granito


Un taxi ci porta sotto il villaggio di Qinbi (pron. Chinbi), arroccato sul fianco di una collina di fronte al mare, con una spiaggia e Turtle Island davanti. La guest house in cui passeremo la notte e' in questo villaggio, rinomato in quanto le sue case sono tutte costruite con pietre in granito a secco... in teoria. In pratica c'e' spesso del cemento tra una pietra e l'altra, nelle case ristrutturate/costruite di recente. Qinbi pare esistere dal periodo Ching, alcun tra le case piu' belle vennero costruite durante l'occupazione giapponese (1895-1945), e negli anni Novanta una serie di sovvenzioni statali fecero rinascere il villaggio, dopo che l'emigrazione l'aveva spopolato negli anni Settanta.



Il posto e' molto meno rurale del previsto, e ci sono segni di ricchezza, modernita' e coolness: tutto e' pulito, le vecchie scritte del periodo di Chiang Kai-shek ("Liberiamo i nostri compatrioti sulla terraferma" e cose cosi') sono utilizzate come elementi decorativi, e ci saranno una mezza dozzina di caffe' e una decina tra guest houses e B+B (e zero tracce di presenze militari, a parte un bunker al limite della baia, poco evidente). Mancano negozietti che vendano stronzatine souvenir, e questo e' un bene. Per il prezzo di 4000 TWD (100-120 euro), da dividere tra sei persone, ci danno una specie di baita su due piani, e questo prezzo non basso e' un altro indice che il villaggio di Qinbi, e l'isola di Beigan in generale, non sono una destinazione turistica pensata per il turismo low cost.

Nella baia, l'isola della tartaruga, che non somiglia per niente ad una tartaruga.



Entriamo in un caffè a fare colazione, i prezzi - cappuccino a 120 TWD (4 euro) pare confermare la mia tesi. Magari Beigan non mira al turismo d'elite, ma se vuoi qualcosa, i prezzi non sono proprio bassi. Ci sono echi mediterranei, qui: un paio di caffe' hanno nomi che ricordano le isole greche, il wifi della nostra casetta ha (come scopriremo piu' tardi) la parola "casa" nel nome, e l'intero villaggio e' anche noto come "the Mediterranean village in Matsu". Le case in granito non paiono molto mediterranee, ma a parte i colori e il clima solitamente umido (non oggi, c'e' vento), l'analogia non e' campata in aria, anche se il cielo coperto non aiuta a vederla!



Troppo presto per il check-in, lasciamo il bagaglio al caffe' della nostra guest house, scendiamo dalla collina (tre minuti) e chiamiamo un taxi, che arriva quasi subito, per andare all'estremita' orientale dell'isola, che gia' sulla mappa pare interessante: c'e' l'aeroporto di Beigan, la cui pista sembra infilarsi in mare, costruita com'e' su un pezzo di terraferma artificiale; c'e' un istmo artificiale che collega l'isola di Beigan col villaggio di Houao e relativa isola; e sull'isola (ex isola, grazie all'istmo) ci sono varie memorie della passata funzione militare delle isole Matsu.

Dal tassista scopriamo che alle 19,30 ci sara' un'esercitazione militare, passato l'aeroporto e l'istmo notiamo che a Houao ci sono vari veicoli militari e soldati in mimetica. Notiamo anche una cosa che pare superflua: un semaforo, uno degli unici due a Beigan. E' necessario in quanto la strada che da Houao sale sulla collina e' ad una sola corsia per un lungo tratto (l'altro semaforo e' alla fine del pezzo ad una corsia, per bloccare chi scende verso Houao).



Quella sporca ultima collina: Stronghold 08


Alla fine del percorso, in cima alla collina dietro Houao, salutiamo il tassista, che "utilizzeremo" altre volte oggi e domani, e ci guardiamo intorno: siamo a Stronghold 08, dove un bunker e vari carri armati (disarmati) sono utilizzati, come dice un pannello espositivo, per "presentare un microcosmo di un campo di battaglia e scene storiche dell'area delle isole Matsu". I carri armati (riconosco un M-41) sono sempre impressionanti, ma quando ci si piazzano davanti cinque-sei ragazzine sorridenti che fanno con le dita il gesto della "V", la scena diventa meno drammatica.

Piu' ... preoccupanti, invece, i cinque-sei carri armati attuali a cinquanta metri da noi, e le decine di soldati piazzati vicino a veicoli da trasporto blindati e in buche circondate da muretti protettivi portatili (ah, i vecchi sacchi di sabbia sono superati!), il tutto in preparazione dell'esercitazione di stasera (ora sono le 10,30 di mattina). Potro' fotografarli? Mi viene suggerito di evitare.

Scendo col nipote Duncan (lui mi chiama "Uncle", io lo chiamo "Nephew", lui ride) a visitare il bunker, e mi ergo su una roccia, novello Galeazzo Musolesi, l'eroico petto rivolto alla Cina. Salvo poi accorgermi che sono rivolto ad est, quindi sto guardando verso Okinawa, Giappone. Oops. Una cosa alla Musolesi, appunto.

Scendiamo a piedi lungo la collina, e dopo altri bunker in disuso arriviamo al War And Peace Memorial Park Exhibition Center (*), un nome lungo lungo per un museo che si occupa della storia militare di Beigan e del resto delle isole Matsu. Tanti proiettili d'artiglieria e bossoli, testimoni degli scontri a distanza tra Cina e Taiwan. Tra le altre cose esposte, ho trovato interessanti alcuni pannelli descrittivi:

- Uno che ricorda la storia del "831 Military Brothel", una casa di piacere per militari, chiusa nel 1991 - dopo quarant'anni di servizio - grazie alle proteste dei civili e all'opera del politico Chen-Shui-bian;
- Un altro che racconta la leggenda di una compagnia dell'esercito taiwanese che venne sterminata dal nemico, gola tagliata e orecchie mozzate (*), e i cui fantasmi continuarono a pattugliare l'area a loro assegnata, terrorizzando i civili con la loro presenza. Ci volle Chiang Kai-shek per convincere gli spettri che era giunto per loro il momento di essere sostituiti da truppe piu' fresche.
- Vari pannelli illustrano la "Battaglia dell'823" (23/08/1958), in cui la Cina finse di essere intenzionata ad invadere l'arcipelago della Matsu, mentre il vero obiettivo era Kinmen, un'isola in un'area differente.
- Spiegazioni sulla guerra psicologica che il Kuomintang (il partito di Chiang Kai-shek che controllo' Taiwan per decenni) combatte' contro la Cina: palloni aerostatici che portavano bandiere taiwanesi e volantini sulla Cina

(*): secondo una leggenda (o una bufala diffusa a Taiwan?), durante il periodo di guerra "calda" tra le due Cine, ai soldati della Cina comunista che uccidevano un nemico venne ordinato di portare ai loro comandanti le orecchie delle vittime, in modo da quantificare il successo della missione in modo preciso.



Usciamo dal museo (la visita e' gratuita), scendiamo a piedi fino al primo villaggio (Houao), superiamo il ponte e l'aeroporto col tunnel che passa sotto la pista, raggiungiamo Tangqi, il villaggio di fronte all'aeroporto, e pranziamo in un ristorantino. Usciamo, compriamo un bubble tea e ... notiamo (io e poi mia moglie) che per strada sventola una bandiera cinese, infilata in un cono presso dei lavori in corso. Stupore nostro, ma nessuno fa caso alla bandiera.

Alle 14,00 parte puntualmente il pullman di linea dell'isola (credo sia l'unico, e non vedo il bisogno di una seconda linea); torna verso Houao, e vediamo che sul ponte ora ci sono una dozzina di veicoli dell'esercito pronti per l'esercitazione di stasera, tra cui blindati con batterie antiaereo (credo) e altri, e mi fermo perche' ulteriori dettagli potrebbero non essere opportuni.



Pochi i soldati, tutti con l'aspetto di intellettuali piu' che di truppe d'assalto: l'impressione e' che l'esercito taiwanese punti piu' sul cervello che sulle masse di soldati, il che e' ragionevole, visto che Taiwan ha circa 20 milioni di abitanti e la Cina ne ha piu' di un miliardo.

Il pullman prosegue il suo giro. Credo che tra le due isole che abbiamo visitato in questi giorni, Beigan sia quella che ha la vocazione e le possibilità maggiori per una successo turistico: più piccola e quindi più rapidamente visitabile rispetto a Nangan, più rilassante (strutture militari meno visibili che a Nangan), meno dotata di aziende (agricoltura, distillerie), pare il posto ideale per un progetto studiato a tavolino: uno o due villaggi tradizionali sulle colline, qualche villaggio di pescatori magari con colori sgargianti, qualche area ex-militare visitabile e curata, piste ciclabili - e pochi scooter - in modo da limitare al minimo i rumori superflui, sentieri sulla collina ...

Raggiungiamo Banli, dove troviamo ... non molto. E' una piccola citta' nella parte meridionale dell'isola, ordinata e linda, in cui una grossa scuola (credo elementare) e' l'edificio piu' evidente; di fronte c'e' una casa-museo che illustra l'arredamento locale dei secoli scorsi (mancano spiegazioni in inglese, per cui non sono in grado di datare il periodo illustrato), con ingresso gratuito. Cento metri piu' a nord, un cartello indica che in un'altra casa del villaggio sono stati inventati gli involtini dolci fritti che sto mangiando a colazione, pranzo e cena (perche' mi piacciono!).



Qiaozi, il villaggio dei pescatori e dei templi


Prendiamo il pullman (stesso veicolo di prima, stesso autista) e arriviamo a Qiaozi, il villaggio piu' a nord dell'isola. Villaggio di pescatori, tanti templi coloratissimi, tante case - come in ogni area rurale di Taiwan - con porta d'ingresso scorrevole sempre aperta, tanto che quando ci passi davanti vedi gente in poltrona che guarda la tv, mangia, legge ... come in Olanda, anche qui l'attenzione alla privacy non e' proprio ossessiva.



Ho letto da qualche parte che Qiaozi e' il villaggio dei 100 templi, o forse e' una cosa che ho pensato io. Dovunque guardi vedi sempre almeno tre-quattro templi. Se oltre ai tempi fossero colorate anche le case dei pescatori, Qiaozi potrebbe tranquillamente passare per una delle Cinque Terre.



Vicino alla fermata dell'autobus c'è un pannello informativo per i cittadini, riguarda le esercitazioni militari di stasera e spiega quali armi verranno utilizzate, di quale calibro, in quale direzione si sparera', e conferma appunto che si tratta di un'esercitazione e non di un’operazione di difesa contro un attacco cinese. Snervante, l'idea che se senti un colpo d'arma da fuoco e non c'e' stato un avviso in proposito, potresti avere un mezzo da sbarco cinese sotto casa ... i miei compagni di viaggio dicono che, oltre che per rassicurare i cittadini, l'avviso e' li' anche per indicare loro di evitare di andare nelle aree verso cui si sparera', e per invitarli ad assistere alle esercitazioni se lo desiderano. Beh, questo e' uno spettacolo che non mi aspettavo, speriamo non ci sia un divieto d'accesso per i non taiwanesi!



Visitando i templi piu' lontani dal centro di Qiaozi (dove c'e' un museo dedicato alla vita dei pescatori, un bagno pubblico, vari chioschi dove signore intorno agli ottant'anni vendono specialita' gastronomiche preparate sul momento) incontro un cane, un border collie pulito ed educato che mi accompagnera' per il resto della visita del villaggio, causando anche un piccolo episodio da brividi (forse e' la reincarnazione di un mio cane precedente, mi dicono).

Prendiamo un altro pullman (no, e' il solito) e torniamo a Qinbi, facciamo il check-in nella casetta che abbiamo affittato, noto scelte filologicamente corrette che non mi fanno piacere (le finestre senza vetri andavano bene cento anni fa, ma ora preferiamo evitare spifferi e spruzzi, o no?).





Esercitazione militare


Sei e tre quarti, usciamo, il solito tassista ci attende. Ci portera' a Houao passando sul ponte pieno di veicoli militari. A Houao ci sono dozzine di persone sedute alle panchine, residenti locali e turisti che abbiamo gia' incontrato a Nangan e che come noi stanno facendo il giro delle isole Matsu. Alle 19,30 iniziano i fuochi d'artificio... parte un bengala nella baia a sud del ponte, e si vedono proiettili traccianti partire dalla collina dietro Houau (quindi dall'estremita' orientale dell'isola) verso la baia (o oltre), poi silenzio mentre il bengala (per i non addetti: e' un dispositivo illuminante che scende lentamente e, appunto, illumina l'area circostante) continua a scendere, poi proiettili traccianti partono dai cingolati sul ponte. Si ripete varie volte con altri bengala, e alle 19,50 lo "spettacolo" finisce. Scopriro' poi che questa e' solo una prova generale prima delle esercitazioni vere di domani sera, che dureranno piu' a lungo e che non vedro' perche' domani dopo pranzo ripartiamo: torniamo in aereo a Taipei, sull'isola principale di Taiwan, per poi prendere un treno verso Hualien, sulla costa orientale.



Finito lo spettacolo, dicevo. Torniamo a Tangqi a piedi, con pioggia e vento, con l'intenzione di cenare, ma non siamo ottimisti: i ristoranti sono tutti chiusi, a quanto pare la ruralita' del villaggio prevale sulla sua turisticita' (invento parole, oggi). Poi ne troviamo uno aperto di fronte all'aeroporto, e scopriro' che cucinano la carne di manzo in modo eccezionale, non ne avevo mai mangiata di cosi' buona a Taiwan, in tanti anni che ci vengo.

Solito tassista, si torna a "casa", a Qinbi. Entriamo in questa specie di baita a due piani che abbiamo affittato e ... confermo che l'assenza di vetri non e' una buona idea, il suono delle onde non mi concilia il sonno, e il materasso e' nuovo, probabilmente progettato cosi', ma e' progettato male: ricorda un blocco di cemento. Dormiremo poco.
Argomenti: appunti di viaggio, destinazioni, foto Taiwan, racconti, Taiwan

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