In bici nel Verdon

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Claudio_VL
20-11-2013, 11:23:10

In bici nel Verdon

Pedalare lungo le gole del Verdon, il canyon piu' profondo d'Europa

Estate, giornate torride di luglio, a casa dal lavoro col gesso intorno ad una gamba. Il momento ideale per pensare a cosa fare in agosto, dando per scontato di riuscire a camminare. Il momento adatto per organizzare la propria prima vacanza in bici, senza allenamento. Con un amico dotato di un simile approccio organizzativo, che e' meglio. Nel mio caso Silvano, col quale condivido l'atteggiamento verso l'idea di "allenamento": meglio non farne proprio, senno' poi non rimane piu' fiato per l'evento in se'. Ed anche verso le prenotazioni: "Cosa? Dove? Prenotare? Stai scherzando, spero!".

Luglio, dicevamo. Silvano dice che conosce qualcuno che e' stato in un posto bellissimo e torrido chiamato Gorges du Verdon, in Francia. Prendiamo una guida Michelin, e cerchiamo di capirne di piu'. Il Verdon si trova in Provenza, e' un fiume che scorre nel canyon piu' profondo d'Europa, le Gorges du Verdon. Vediamo: abbiamo due bici da strada a dieci marce, entrambe con dieci anni sul groppone. Abbiamo muscoli che ... be', muscoli ... diciamo che abbiamo dei polpacci, quasi due a testa. Una cartina del sud-est della Francia ce la possiamo procurare. Due parole in francese le sappiamo dire (Silvano pronuncia benissimo gavte la nata). Fornellino portatile, tenda, sacchi a pelo, quelli ci sono. Ferie: le abbiamo. Be', organizzazione completata.

Ultimi preparativi prima della partenza: comprare portapacchi e borse laterali per le nostre fuoriserie, decidere la suddivisione dei carichi (la tenda a due teli viene divisa in due pacchi, ciascuno ne portera' uno), allenarsi (due pedalate da un'oretta ciascuna...) e siamo pronti.


Arriva il primo sabato di agosto, anno di grazia 1992

Partiamo all'esplorazione delle misteriose terre che pare esistano al di la' delle Alpi.

Un treno ci porta da Torino a Limone Piemonte, attraverso le sterminate pianure del basso Piemonte. A Limone scarichiamo le bici ed iniziamo a pedalare. Dura poco, la salita verso il Col di Tenda e' dura e spingere le bici diventa presto meno faticoso che pedalare. Tornanti e code, ci sono tante auto in strada, oggi. Quando arriviamo al posto di frontiera prima dell'ingresso del Tunnel del Tenda notiamo alcuni cartelli, e un lieve dubbio ci assale: il transito e' vietato alle biciclette, nel tunnel, come faremo a passare dall'altra parte? I doganieri ed i carabinieri in servizio al confine ci sconsigliano di cercare di raggiungere il passo del Tenda, piu' in alto. Ne siamo lieti, gia' e' stata dura arrivare fino al traforo! Ci consigliano invece di attendere che arrivi un veicolo grosso, capace di trasportare noi e le nostre bici, e di chiedere un passaggio. Facile a dirsi ... sabato primo agosto, transito vietato ai mezzi pesanti, in Italia.

Ci piazziamo all'ombra nel parcheggio vicino al gabbiotto dei doganieri, ed esaminiamo tutti i veicoli in transito alla ricerca del mezzo adatto a continuare il nostro viaggio. Caldo ... fa caldo ... e forse iniziamo a pensare che qualche dettaglio in piu' potevamo studiarlo, prima di partire. Ma dopo un'ora d'attesa un furgoncino si avvicina: Silvano scatta e urla ai doganieri di fermare il veicolo. Quelli, gentili, eseguono. Chiediamo all'autista, francese e in giro per trasporto fiori, se ha spazio per noi e per le bici. I finanzieri e i carabinieri osservano. L'autista e' lieto di darci un passaggio, e saliamo sul furgone.

Il Tunnel del Tenda ha (aveva) un fondo stradale poco curato, e a bordo del furgone prendiamo continuamente a
testate il tetto del veicolo, a causa delle buche. E capiamo per quale motivo e' vietato il transito alle bici: i fumi di scarico dei veicoli arrivano fin dentro al furgone, se avessimo provato a pedalare saremmo soffocati prima d'arrivare all'uscita. Ma una luce si avvicina...

Ci facciamo scaricare dal francese all'uscita del traforo, e ci sentiamo in un mondo nuovo, in Francia. Entrambi l'abbiamo visitata spesso, ma mai in bici. Io faccio qualche foto, Silvano si mette una fascia nei capelli (era bianca con un cerchio rosso, come quella dei kamikaze giapponesi della Seconda Guerra Mondiale?), e ci buttiamo giu' dalla discesa a velocita' spropositata. Eccessiva. Assurda, a giudicare dalle sensazioni che le bici ci trasmettono: i telai paiono flettersi, le gomme sembrano al limite, le curve in cui entriamo sembrano tutte troppo strette. Passiamo diverse auto, e tocchiamo i freni il minimo indispensabile per restare vivi. Ci passiamo qualche volta, senza rischiare almeno in questo, e chi si trova poi davanti urla a chi sta dietro come fare la curva. "Laaaargaaaa... prendila in pieno!", "Questa e' stretta, rallenta ... stretta ... stretta ... C'E' GHIAIA!", e continuiamo a far danzare le nostre bici tra una curva e l'altra. Ma le cose belle sono destinate a finire, e dopo lunghi, emozionanti minuti siamo in pianura e iniziamo a pedalare. Siamo nella valle Roya, il Tunnel del Tenda ci ha portato in una lingua di terra francese che s'incunea nel territorio italiano. Continuando sulla strada principale ci ritroveremmo a Ventimiglia, ma questo non fa parte dei nostri piani.

Vediamo un cartello che indica Saorge. Ne avevamo sentito parlare, e' un paese appollaiato in cima ad una montagna nella Val Roia. Saliamo con calma, dopo tanta discesa ci vuole un po' per riabituarsi alle salite. Finalmente arrivati in cima, verifichiamo che per le auto ? impossibile passare, ci siamo rinfrescati con le onnipresenti e benedette (da noi) fontane francesi, e abbiamo passeggiato per gli stretti carruggi del paese. Scendiamo da Saorge e riprendiamo la strada verso sud.

Troviamo un campeggio a Breil e decidiamo che per il primo giorno abbiamo pedalato (e spinto le bici) a sufficienza. Il campeggio e' il riva al torrente Roya, e' frequentato da tante belle e giovani ragazze, e visto che, se non belli, siamo perlomeno giovani anche noi, fraternizziamo. Ci tuffiamo nell'acqua gelida del torrente su invito di un gruppo di ragazze. Sopravvissuti all'impresa, ceniamo col nostro fornello portatile, poi andiamo a fare un giro in centro per bere qualche birra. Breil e' un paese molto carino, e difatti ci torneremo quattro anni dopo aver fatto questo viaggio in bici.


E venne il secondo giorno. Da Breil a Sospel

Smontiamo tenda e sacchi a pelo, carichiamo il tutto in modo perfetto sulle bici, e ripartiamo, sempre verso sud. Arriviamo a Olivetta San Michele, di nuovo in Italia. E' l'unico paese ligure in cui si parli occitano; a Nizza si parla Nizzardo che, come il Piemontese, non ? considerato della famiglia d'oc.

Tagliamo verso ovest, per evitare di finire a Ventimiglia. Proseguiamo per il Col de Brouis, e Silvano fora una gomma, in una zona isolata, di domenica mattina. Ci chiediamo se moriremo qui. Magari poi, ma non oggi, neh? Ripariamo la camera d'aria, ma il copertone e' cosi' lacerato che la camera esce di lato e, se gonfiata, sfregherebbe contro il terreno ed esploderebbe in fretta. Abbiamo un copertone di riserva che si scoprira' essere di misura inadatta ad entrambe le bici, per cui pare ovvio, al mio amico discepolo di McGyver, riparare il suo copertone con ago e filo; peccato pero' che manchi uno dei due (era l'ago o il filo?), quindi prova a sigillare lo squarcio del copertone con nastro adesivo. Terra' fino a L'Escarene, nostra tappa per il pranzo. Ci fermiamo a mangiare sotto i platani, in una piazza in cui vecchi e non giocano a petanque. E' uno spettacolo cui assisteremo spesso, durante questo viaggio, e oggi serve a distrarci dal nostro pasto: il Camembert che abbiamo portato con noi si sta squagliando, e si dimostra molto aggressivo nei confronti del prosciutto con cui contavamo di accompagnarlo, e anche verso di noi. Fanno praticamente a botte. I giocatori di petanque continuano tranquillamente, il gioco ricorda il cricket per la sua capacita' di far trascorrere il tempo, quando ce n'e' troppo.

Rimontiamo in sella alle fedeli due ruote (un po' di pubblicita', ora: la mia era una Gerbi Sport del 1982). La strada e' affrontabile, raggiungiamo Sospel. Piu' grande dei paesi incontrati finora, ha quasi tremila abitanti. Silvano va a comprare dei ricambi per la bici, io pianto la tenda. Il campeggio non offre le stesse amenita' di quello di Breil: c'e' un campo sportivo, nient'altro.
Ceniamo e andiamo a piedi fino in centro, dove nel dehors di un bar cogliamo la possibilita' di bere del Pastis 51 senz'acqua. Esperienza sconsigliabile. Il centro di Sospel e' bello e gode di vista sui viali e sul torrente Bevera. Passeggiando senza fretta, vediamo che in paese c'e' una cadente chiesa barocca con facciata dai colori molto vivaci; anche il il duomo di Sospel e' molto bello e maestoso. Burp. Troppo anice, c'est vrai.


E venne il terzo giorno, lunedi' tre agosto 1992 dell'era spaziale. Da Sospel a Cagnes

Ripartiamo da Sospel. Nonostante la foratura stiamo rispettando la tabella di marcia (che non e' molto rigida, in effetti ... "Partire da Torino, arrivare al Lago di St. Croix, ritornare vivi a Torino"), siamo ancora carichi di energie e mentalmente. Ci pensera' un vecchietto in bici a ricordarci i nostri limiti: fa la nostra stessa strada, in direzione Nizza, e nonostante ripetuti tentativi, riusciamo a raggiungerlo soltanto alle porte di Nizza. Ci fermiamo a fotografarci a vicenda vicino al cartello che dice "Nice", in una zona precollinare della periferia della citta'. E' l'ultimo momento di quiete prima di ore ed ore di guida nel traffico. A Nizza passiamo attraverso quartieri-ghetto popolati da francesi d'origine maghrebina. Ci godiamo le tante piste ciclabili, che rendono la traversata cittadina tollerabile.

All'uscita da Nizza, ci dirigiamo ... nella direzione sbagliata. Puntiamo infatti verso Digne Le Bains, e dopo alcuni chilometri ritorniamo alla strada che stavamo percorrendo, parallela alla costa. Ci fermiamo e mangiamo pere comprate da un camionista con banchi ambulanti. C'e' smog in giro, tanti camion e tante auto non sono i migliori compagni di viaggio per i ciclisti. Puntiamo verso Cagnes, dove sappiamo che troveremo diversi campeggi. Ne troviamo infatti uno con costi adatti al nostro budget (ristretto come il tanga delle ballerine di Canale 5), ma c'e' una sorpresa che non ci aspettavamo: l'ingresso del campeggio e' separato dalle aree per le tende da una rampa lunga un centinaio di metri e ripidissima. O almeno sembra ripida a me, dopo una giornata non faticosa fisicamente ma comunque stancante.

Mentre Silvano spinge la bici verso la salita, io provo a fare lo stesso ma la ruota anteriore non ne vuole sapere di stare a terra, e procedo lentamente e sbandando, tra esclamazioni (mie) adatte ad un sergente dei Marines. Arrivo in cima, il mio compagno di viaggio e' gia' li' da un po'. Mentre stiamo lavorando al montaggio della tenda, la gestrice del campeggio ci chiede di aiutarla a comunicare con una famiglia di campeggiatori che ritiene essere italiani come noi. Accettiamo, proviamo a farci capire dai nostri presunti connazionali, ma poche frasi rivelano la loro nazionalita': sono polacchi, e ci riesce difficile capire come una persona che lavora nel settore del turismo, a poche decine di chilometri dal confine italiano, non abbia idea di quali siano i suoni tipici della lingua italiana. Vabbe', andiamo a dormire. Anzi no, abbiamo interrotto il montaggio della tenda per aiutare la signora, ed ora dobbiamo finire. Arriva un attacco di dissenteria fulminante, corro verso i bagni, ai piedi della rampa. Saranno state le pere comprate dal camionista, poco lavate.

Ritorno su, Silvano e' andato a dormire nella tenda interna, e gia' e' nel mondo dei sogni. Finisco di montare il telo esterno e vado a dormire anch'io.


Quarto giorno: da Cagnes a Grasse

Proseguono i miei disordini intestinali. Silvano non ne ride, ma si vede che e' soddisfatto per la propria tempra. Finiamo nella solita discussione su chi abbia i polpacci piu' belli: non so perche' discutiamo, e' ovvio che i miei sono scolpiti come quelli di un eroe greco. Partiamo dal campeggio verso le undici di mattina.

Da Cagnes a Grasse, dove siamo diretti, pare un tragitto breve e semplice: meno di trenta chilometri, salite ma niente di terribile, sulla carta. "Sulla carta" e' una di quelle frasi usate per introdurre una sorpresa, ma ormai nessuno viene piu' colto di sorpresa dopo una tale premessa. Non ti stupirai quindi, caro lettore, nel leggere che, dopo pochi chilometri in piano o quasi, abbiamo spinto le bici per ore. I bagagli, la mancanza di allenamento e l'affiorare della stanchezza accumulata giorno per giorno iniziano a farsi sentire.

Spingiamo le bici in salita, in una serie di boschi lungo un torrente, siamo al riparo dal sole. Procediamo lenti ma non soffriamo. Vediamo un bambino vagare, forse abbandonato, vicino al torrente. E' piccolo e biondo, porta gli occhiali, avra' cinque anni. Gira per i fatti suoi.

La bici del mio amico ha un problema, non si riesce ad inserire la marcia piu' corta, dietro. L'uso del "cambio a pedale" (misurati calcetti alle corone posteriori, rimpiazzati in seguito da vigorose pedate stile Romeo Benetti) porta al successo nell'inserimento delle marce desiderate. Ci servono, nei pochi tratti in cui riusciamo a pedalare. La strada si apre, usciamo dal bosco, e riusciamo a pedalare con piu' continuita'. Ci fermiamo a comprare dei gelati, i prezzi sembrano alti. Tra una curva e l'altra iniziamo ad intravedere Grasse, capitale dell'industria francese dei profumi. Troviamo un bel campeggio, piantiamo la tenda, e dopo una doccia siamo pronti a nuove avventure.

La sera, andiamo a piedi verso il centro di Grasse; un bambino piscia allegramente nei viali, senza badare alla presenza dei passanti. Nel bel centro storico della citta' ci fermiamo a mangiare in una crêperie. Il mio compagno di viaggio divora educatamente due crepes sucrè, meditando su cosa sia a rendere attraente la cameriera che ci sta servendo. Nel frattempo, nella vicina piazza si sta girando un film. C'era un attore francese famoso, ma non ne ricordo il nome. La stessa scena viene ripetuta piu' volte perchè una signora seduta al bar si spaventa della macchina che arrivava giu' per la discesa priva di controllo. Grasse e' una bella citta', e questa e' una bella serata.


[Continua]

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Claudio_VL
20-11-2013, 11:31:03

In bici nel Verdon (2)

Il quinto giorno ci porto' da Grasse a Comps sur-Artuby

Usciamo da Grasse dopo una buona colazione a base di brioche, in campeggio, consegnate dal furgoncino di una panetteria.

Un carcere, dalla sagoma bianca e imponente, si erge su una collina a destra della strada che stiamo percorrendo. Notiamo una coppia di ciclisti danesi, scopriremo poi che avevano spedito le bici in Costa Azzurra via aereo. Teniamo il loro ritmo, sembrano allenati e preparati (buone bici, pochi bagagli), e' gia' un buon risultato, per noi.

Percorriamo chilometri e chilometri in aree isolate, con panorami americani, deserti, case solitarie. Bei posti. Raggiungiamo un colle oltre i mille metri, in cima ci sono dei negozi, o forse sono solo chioschi temporanei. Compro un'agata che in un attacco di creativita' battezzo Agata, il negoziante e' un ragazzo brasiliano, scambiare due parole ci fa piacere.

Continuano i saliscendi: abbiamo superato, in un giorno, quattro colli alti oltre mille metri, e a fine giornata ci renderemo conto d'aver percorso un'ottantina di chilometri.

Al campeggio di Comps Sur-Artuby, in serata, muscolose vicine tedesche stile sollevatrici di pesi steroidizzate montano la loro allegra tenda nera vicina alla nostra. Evitiamo approcci. Ci dirigiamo invece verso una cabina telefonica per chiamare casa (il viaggio si svolse nel 1992, quando avere un telefono cellulare avrebbe reso necessario un carrello rimorchio). Silvano si fa cambiare delle monete in gettoni telefonici dalla moglie del proprietario del campeggio. Scialba, con occhi vitrei, dimessa, quasi trasparente, depressa. Per questa operazione il mio amico era salita in casa, tovaglia di plastica, vaso con fiori secchi, televisione accesa non guardata... appoggiata alla cabina telefonica, fuori, una bambina spettinata di 3 o 4 anni, piuttosto sporca, con il vento tra i capelli, la figlia, che ci fissava come fossimo degli alieni e che pareva dicesse "portatemi via da 'sto posto fuori dal mondo"; la figlia venne poi chiamata scialbamente dalla madre per cena. Le docce e i bagni del campeggio grondavano acqua da varie tubature rotte, e rimbombavano come una cassa acustica enorme. A ripensarci, sembra lo squallore descritto da Francesco Guccini in "Autogrill" ...


Il sesto giorno: da Comps sur-Artuby a Les Salles-sur-Verdon: sangue, sudore e ... limone

Lasciamo Comps sentendoci vicini alla meta: il lago di Saint Croix, al termine del Canyon del Verdon (o Gorges du Verdon, per chiamarlo col suo nome) e' a meno di un giorno di viaggio. Pedaliamo attraverso campi, la strada inizia a salire. Raggiungiamo il Balcon de la Mescla, dove le acque dei fiumi Verdon e Artuby si mischiano. La vista e' spettacolare, e ci sono tanti altri turisti in cerca del posto migliore per fotografare le pareti di roccia e i fiumi che si accoppiano, in fondo. Un bar e un paio di negozi offrono distrazioni, in vendita ci sono articoli di classe come cappelli di castoro, pellicce d'orso e una scultura in legno raffigurante un indiano d'america, in scala 1:1.

Ci sentiamo quasi arrivati, qui iniziano le Gole del Verdon (Gole uguale Gorges uguale Canyon).

Poco dopo, la strada alterna salitelle morbide a discese sfruttabili, sorpassiamo auto e ci sentiamo carichi, baldi e prodi. Passiamo da Pont sur-Artuby, dove da un bel ponte si buttano dei matti che fanno bungee jumping. Meglio la vita tranquilla, pensiamo pedalando sulle nostre bici.

I paesi scompaiono completamente, le case si fanno piu' isolate. Poi scompaiono anche loro.
La strada sale.
Sale.
Sofferenza...

Finiamo cibo e liquidi, ci fermiamo su un terrapieno un metro piu' alto della strada. Mangiamo limoni con zucchero, Silvano e' addormentato sfinito svenuto. "... la sensazione piacevole del prosciugamento, la leggerezza, il fresco sulla pelle nonostante il caldo e il sudore, probabilmente avevo un'insolazione e un crollo degli zuccheri...", dira' poi il suo diario di viaggio.

La sofferenza continua.

Ci alziamo, o forse risorgiamo. Arriviamo alla fine della salita, vediamo meglio il canyon e il lago di St. Croix. Euforia, inizia la discesa, poco dopo c'e' una fonte d'acqua. Auto olandesi ci proteggono e ci scortano. Dovremmo scrivere un ringraziamento alla regina d'Olanda per il senso civico e ciclistico dei suoi sudditi. Non ci dispiacerebbe essere olandesi, in questo momento. In realta', ci basta essere vivi...

Alla fine di una discesa che consumera' vistosamente i nostri freni, raggiungiamo un campeggio vicino alla riva del lago di Saint Croix, non c'e' posto. Troviamo poi un campeggio, il Camping Les Pins, con spazio per la nostra piccola tenda (piccola a confronto delle roulotte e dei caravan che vediamo ... in realta' la tenda e' a tre posti con abside frontale e mini-abside posteriore, con doppio telo, e pur pesando poco (tra i quattro e i cinque chili) non e' specificamente progettata per il ciclismo.

Il campeggio e' in riva al lago. Abbiamo i soldi per pagare. Ci sono negozi in cui comprare cibo. Siamo arrivati!


Giorni successivi

Quali giorni? Quanti giorni? Percorrere le gole del Verdon era lo scopo del viaggio, arrivare al lago di St. Croix ne e' solo la conseguenza, come la palla ferma in fondo alla rete dopo un goal e' la conseguenza del goal stesso. I giorni passati al lago sono stati belli, riposanti, stimolanti, ma l'arrivare al lago e' stato il nostro viaggio.

L'estate e' torrida, sappiamo che al ritorno a casa saremo abbronzati da far paura. E forse anche disidratati.

In campeggio vediamo una una giovane signora che ribattezziamo "la signora dei cigni". Attraente, capace di combinare un aspetto poetico con tocchi sado-maso. E' la moglie o una parente del gestore, scopriremo in seguito. Una coppia in roulotte ci offre, appena arrivati, un paio di sprite gelate! Un piacere indicibile.

Veniamo scambiati varie volte per olandesi e, in seguito, per danesi. Per ragioni inspiegabili, si torna a discutere di polpacci.

Durante i nostri pasti sulla stuoia davanti alla tenda, formaggio e prosciutto fanno a botte, again. I formaggi francesi sembrano parecchio aggressivi, magari la prossima volta porteremo da casa del gorgonzola. I nostri coltellini svizzeri risultano utili: il Camembert, piu' che tagliarlo, lo accoltelliamo, benche' sia ridotto ad una massa scomposta. Nei pochi negozi del villaggio di Les Salles-sur-Verdon troviamo tutto il cibo di cui abbiamo bisogno.

Il lago di Saint Croix e' adatto ai bagni, e le sue spiagge sono piene di turisti, soprattutto olandesi. L'acqua non e' limpida come quella della Sardegna, ma non e' male, e la sua temperatura, almeno nel mese di agosto, e' tiepida. Se si vuole nuotare nell'acqua gelata, il fiume Verdon si getta nel lago a poco piu' di due chilometri dal campeggio e da Les Salles, ed offre panorami stupendi: nuotare in fondo ad un canyon, con le rocce a strapiombo, sopra, e' uno'attivita' da consigliare. Il fiume, poi, e' popolato da kayak, canoe e pedalo', affittabili sulle rive del lago per prezzi ragionevoli.

Dal campeggio Les Pins alla piazza centrale di Les Salles ci sono quindici minuti di cammino, visto che il paese si trova letteralmente sopra al campeggio, ed e' raggiungibile tramite una scalinata che permette di arrivare, spompati, nel cuore di questo villaggio nato nel 1973. Les Salles-sur-Verdon vanta il (dubbio) merito di essere il "villaggio piu' giovane di Francia" (anche se dubito che non ne siano nati, di villaggi, negli ultimi trent'anni): l'originale Les Salles-sur-Verdon si trova sotto 35 metri di acqua, nel lago di Saint Croix, lago artificiale creato dalla diga di Saint Croix. Di giovane, nel villaggio, ci sono certamente i visitatori: nonostante non sia Rimini ne' Ibiza, il centro del paese e' pieno di ragazzi. Noi, poco piu' che ventenni (vabbe', 24 e 23 anni...) siamo piu' vecchi della media, qui. Ma basta spostarsi di un centinaio di metri, in un'altra piazza, alle spalle della bella chiesa e dell'ufficio dell'ente turistico, per trovarsi in mezzo ad un ambiente differente: qui si gioca a petanque, e ci sono giovani e meno giovani, ed anche vecchietti. Si gioca, si beve, si parla.


Domenica 9 agosto 1992: si pedala un po'

Dopo giorni passati a recuperare energie, mangiare e bere, nuotare e camminare, riprendiamo le bici per raggiungere il punto in cui il Verdon sbocca nel lago di Saint Croix. Percorriamo alcuni chilometri in direzione nord, quando il cambio delle bici di Silvano si pianta. Ci fermiamo in una delle pinete che costeggiano il lago lungo la strada D957, e iniziamo a ... imprecare. Poi a mangiare. Infine, decidiamo di riparare la bici. Ci vorra' l'aiuto di un ciclista tedesco, e due pietre, per sistemare il cambio.

Decidiamo che non vale la pena proseguire verso nord, ritorniamo quindi al campeggio.


[Continua]

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Claudio_VL
20-11-2013, 11:33:27

In bici nel Verdon (3)

Decimo giorno, inizia il viaggio di ritorno verso Settimo Torinese: da Les Salles a Les Arcs

Il lago di Saint Croix decide di presentarsi in modo speciale, il giorno del nostro addio: coperto di bruma, la giornata e' fresca, e pedaliamo verso sud, salendo di quota, verso la citta' di Aups. Passiamo in una foresta con alberi che potrebbero anche essere "vivi" (e antropomorfi, sembrano avere braccia e teste), vicino ad un'area di esercitazioni militari. Le bici vanno che e' un piacere, la strada e' scorrevole quando non e' in salita.

Pranziamo ad Ampus, con brutti ceffi tutto attorno, e con nomi di locande tipo "I due bracconieri" o "Gli allegri tagliagole". Rassicurante...

Arriviamo a Les Arcs (nome completo Les Arcs-sur-Argens), troviamo un campeggio con piscina, mini-discoteca e stile romagnolo, piazziamo la tenda a pochi metri da un torrente, senza il telo esterno, visto che la temperatura si e' alzata parecchio, rispetto al mattino. Prima di andare a dormire facciamo un salto in citta', dove preleviamo denaro da uno sportello automatico, non ne abbiamo visti molti in giro, e dovendo prendere il treno per Torino, qualche liretta ci servira'. Torniamo in campeggio.


Undicesimo giorno

Disordini intestinali per me, tanto per cambiare. Per il resto della giornata berro' solo spremute di limone e mangero' solo riso.

Avendo verificato, ieri, che il treno per Nizza parte da Draguignan e non da Les Arcs, e che la stazione di Les Arcs e' stata chiusa tempo fa, pedaliamo fino a Draguignan, 25 km. Li' a Silvano cadono per l'ennesima volta tappetino, ciabatte e sacco a pelo, fissati sul piano del portapacchi. Poco dopo troviamo un dolmen, segnalato nelle nostre mappe: e' coperto di graffiti e circondato da case e negozi, come se la citta' si fosse sviluppata intorno a lui senza danneggiarlo ma senza badargli piu' di tanto.

Alla stazione di Draguignan leggiamo delle olimpiadi di Barcellona e delle imprese del "Dream Team" USA di basket, che sta massacrando, come prevedibile, tutti gli avversari. Stanca, desolata stazione, pare Yuma, come nei vecchi film western. Poi finalmente arriva un treno, il nostro.

Arrivati a Nizza, leggiamo sugli orari esposti in stazione che c'e' un treno verso Torino con trasporto bici; ci apprestiamo a caricare le nostre bici, ma la capotreno si rifiuta di farle salire. Dopo alcuni minuti di discussioni, accetta di rispettare quanto indicato nell'orario, e carichiamo le nostre bici e le nostre stanche membra sul treno. Dopo l'allegro ciuf ciuf sulle montagne del confine, raggiungiamo le sterminate pianure del Basso Piemonte, e ci dirigiamo verso Torino attraverso questa landa desolata

Scendiamo a Torino e pedaliamo con calma verso Settimo Torinese, praticamente di notte.

Fine

Nota: avevo pubblicato questo racconto nel 2006, in due parti, presso
http://www.viaggiareleggeri.com/racconti/8/in-bici-nel-verdon-prima-parte e http://www.viaggiareleggeri.com/racconti/38/in-bici-nel-verdon-seconda-parte. L'ho spostato qui vista l'imminente chiusura della vecchia sezione Racconti di questo sito.

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andreaG
20-11-2013, 21:49:42

Spedizione...epica

già avevo letto il racconto originale, ora mi sono copiato il tragitto per una vacanza by car

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Claudio_VL
23-11-2013, 01:34:05

Una piccola impresa, appunto

Epica non so, ma era il mio primo viaggio in bici, e nell'era pre-Internet non era facilissimo trovare mappe e documentazione. Altro fattore che rese questo viaggio una novita': il viaggiare in compagnia. In precedenza avevo fatto viaggi in moto in Europa, ma sempre da solo, non sono proprio un compagno di viaggio facile (mi piace andare dove voglio, fermarmi quando voglio, cambiare percorso quando compare qualcosa di interessante. La pazienza del mio compagno di viaggio, Silvano, e' sicuramente stata messa alla prova, durante quei dieci giorni in bici!

Se pensi di andare al Verdon in auto, c'e' un'altro bel percorso: Monginevro-Embrun-Le Fort Joubert-Selonnet-Digne-Mezel-Riez-Moustiers. Porta alla stessa destinazione (il lago di Sainte-Croix), ma taglia fuori il canyon, arrivando al lago da nord. Lo menziono solo nel caso non ti vada di ripetere lo stesso percorso sia all'andata che al ritorno.

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Argomenti: bici, cicloturismo, foto, Francia, racconti

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