Da Napier a Rotorua passando per Mahia

24/07/2010 | Di Claudio_VL | Commenti: 0

Sabato mattina, siamo a Napier. Pregusto gia' una passeggiata in centro, in questa "capitale dell'Art Deco", ma dalla finestra del motel arrivano cattive notizie. Piove a dirotto. Ieri siamo andati in giro nei dintorni, abbiamo visto cavalli trotterellare in spiaggia, abbiamo degustato vini e assaggiato formaggi, passeggiato a Havelock (un paradiso per gli scapoli di ogni eta'), e rimandato le foto a Napier a oggi. E oggi piove. Facciamo un giro in centro in auto, ci fermiamo davanti alla vecchia fabbrica della Rothmans, poi decidiamo di guidare verso nord, rimandando a quando saremo a Wairoa, crocevia tra le strade 2 e 38, la decisione su come proseguire: verso nord lungo la costa, o verso nord-ovest attraverso le montagne, in direzione di Rotorua. Guidiamo, la costa e' spettacolare, onde alte che renderebbero estatico qualsiasi surfista, ma la pioggia rende impossibile fermarsi ad osservare il panorama. Per alcuni chilometri e' anzi' talmente intensa che fermarsi sarebbe meglio, per sicurezza.

Arrivati a Wairoa deviamo verso la penisola di Mahia, che sulla carta pare un posto interessante. Guidiamo attraverso un villaggio Maori con tre cimiteri, incrociamo un Maori con la faccia tatuata, un cappellaccio da cow boy e l'aria da Clint Eastwood neozelandese invecchiato, ci ritroviamo in stradine sterrate sempre piu' piccole, infine rinsavisco, mi rendo conto che non stiamo andando verso spiagge meravigliose, parchi popolati da kiwi, monumenti isolati e misteriosi, faccio un'inversione di marcia e torniamo indietro, prima di rimanere impantanati nel fango.

A Wairoa prendiamo quindi la strada 38, che si rivela una sorpresa. Lunghissima e senza stazioni di servizio, bagni (e' un'eccezione, i bagni pubblici sono ovunque, in Nuova Zelanda) o villaggi, si snoda per un lungo tratto vicino al lago Waikaremoana, nel parco nazionale Te Urewera. La pioggia non solo rende il percorso poco fotogenico, ma causa anche frane e 'dilavamenti', con piccoli flussi d'acqua che, scendendo dalle montagne, si portano via la strada, poco per volta. La strada, sempre sterrata, non permette velocita' superiori ai cinquanta, e spesso procediamo a trenta all'ora. La benzina va giu', la vescica si riempie, il cielo si scurisce. Alle cinque l'indicatore sul cruscotto indica che ci rimane un quarto di serbatoio. Alle sei siamo fuori dallo sterrato e di nuovo sull'asfalto, la pioggia e' terminata e il buio e' completo, e siamo ad una tacca dall' "E" che indica il serbatoio vuoto o la riserva. Esperienze passate raccomandano di non dare per scontata la presenza di una riserva, per cui guido a 80/90 km/h col piede leggero come se avessi un uovo sotto la suola della scarpa. Scelgo la velocita' a naso, visto che non abbiamo il contagiri: il motore sembra sforzarsi meno a questa velocita' che a 70 o 60.

Troviamo due benzinai lungo la strada, entrambi chiusi. Tenetelo presente, se viaggiate in Nuova Zelanda in inverno: alle sei di sera, troverete quasi tutto chiuso. Proseguiamo, il motore sta probabilmente funzionando coi vapori del carburante che era stato nel serbatoio...

Alle sette arriviamo a Rotorua, c'e' un benzinaio aperto e facciamo il pieno. Quando tolgo il tappo del serbatoio si sente un risucchio, quasi un sospiro, come quello della vittima del "Silenzio degli innocenti" quando viene rimosso l'insetto dalla sua gola.

Il benzinaio e' di fianco ad un motel dove avevamo dormito venti giorni fa andando a sud. Entriamo, il proprietari ci riconosce e ci offre la stessa stanza che abbiamo usato la volta scorsa, ad un prezzo inferiore (80 dollari). Accettiamo e andiamo in centro a mangiare.


Argomenti: Nuova Zelanda

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