Espatria, viaggerai nel tempo

Andare a vivere all'estero è come ibernarsi

01/12/2012 | Di Claudio_VL | Commenti: 0

Sono andato a vivere in Inghilterra nel 2001. Quando ti trasferisci all'estero cambiano tante cose: per iniziare, le persone che vedevi ogni giorno spariscono e diventano appuntamenti per Natale e, magari, per un'altra visita in patria durante l'anno. Se ti viene il raffreddore, pensi immediatamente al tuo fidato dottore (o a quello stronzo del tuo dottore) in Italia che non e' piu' a tua disposizione dopo una modesta coda di quattro ore. Magari ti ritrovi a guidare su un lato della strada che per te e' innaturale. Il livello della tua conversazione diventa quello di un dodicenne, nella lingua che ti ritrovi ad utilizzare. Tredicenne, se te la cavi bene.

Ma queste sono solo le differenze evidenti che noti ogni giorno, vivendo all'estero. Ce ne sono altre, di cui ti rendi conto solo quando torni in Italia, dai tuoi genitori, incontrando i tuoi amici, vedendo gli ex vicini di casa.

I regali. Probabilmente tornerai in Italia a Natale, quindi la tua valigia sara' piena di regali (non sperare che sia piu' vuota al ritorno: i regali che fai verranno sostituiti da quelli che riceverai, tra cui non mancheranno una voluminosa enciclopedia e un maglione incomprimibile che occupa tanto spazio quanto una pecora). La sera di Natale, al momento di aprire i regali, scoprirai che per i tuoi familiari sei rimasto quello del giorno in cui sei partito. Ti regalano libri sui misteri, per il quale avevi avuto un breve interesse nel 2000. Ti becchi l'ennesimo libro di Severgnini, anche se hai smesso di leggere Italians nel 2003. C'e' un videogioco per la Nintendo Qualcosa, che ti hanno regalato l'anno prima e che e' a casa, in un armadio, visto che hai cinquant'anni e i videogiochi spara-spara ti fanno venire il mal di testa. La camicia che ricevi in regalo e' di quelle che farebbe pensare ai tuoi colleghi "Ma chi e' il tuo stilista, Lady Gaga?", e che forse - forse - avresti potuto indossare tanti anni fa, prima del tuo espatrio, ma solo previo uso di sostanze allucinogene.

E' come se il tempo si fosse fermato, come fossi tornato da un viaggio nello spazio: tu hai vissuto tremilaseicentocinquanta giorni in un ambiente differente, in cui hai fatto a meno - a fatica - di tante cose (montagne, castagnata, arancini in spiaggia dopo il lavoro), e hai rinunciato ad altre con meno fatica (i programmi televisivi italiani, lo stress dovuto allo stile di guida nazionale, la sensazione che tutti siano sempre sull'orlo di una crisi di nervi). Dieci anni, hai perso meta' dei tuoi capelli e guadagnato dieci chili, ma quando sbarchi dalla tua cellula spaziale - Ryanair, easyJet o Alitalia che sia - gli occhi della memoria dei tuoi ti rendono ancora magrolino e zazzeruto.

Ma forse, cercando di vederti dieci anni piu' giovane, chi ti guarda riesce quasi a sentirsi dieci anni piu' giovane. E allora, durante la prossima visita in Italia, comportati non come fossi il Messia ma come se fossi la mirra, che arriva sempre anche se nessuno sa cosa sia e cosa faccia.


Argomenti: antropologia spicciola, migranti, vivere all'estero

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