Saigon: yesterday I had a dog

Animali domestici e cultura vietnamita contemporanea

27/12/2019 | Di Claudio_VL | Commenti: 0

Il bassotto in questione


Ho Chi Minh City (ex Saigon), Vietnam. Sto passeggiando con un gruppo di ragazzi e ragazze vietnamiti conosciuti qualche ora fa. Hanno gusti simili e problemi simili ai loro coetanei europei ed italiani: la velocità della banda passante, i genitori legati a vecchi modi di pensare, il lavoro che non paga mai abbastanza, il desiderio di viaggiare.

Parlano un buon inglese, lontano dal broken English che si sente in Good Morning Vietnam, Apocalypse Now e in altri film sulla guerra del Vietnam (sempre ammesso che li ascoltiate in lingua originale, altrimenti sentirete i vietnamiti e gli Hmong parlare in pessimo italiano). È una relazione di scambio casuale e allegra, questa: i miei neo-conoscenti hanno l'opportunità di parlare inglese con qualcuno che - credono - lo parla meglio di loro (e certamente con un accento e una cadenza differente da quella cui sono abituati), e io ho la possibilità di imparare cose in modo differente e più efficace che leggendo una guida turistica.

Usciamo da un caffè moderno e molto francese in cui la radio - o un CD, o iTunes - sta trasmettendo Parole parole di Mina. Entriamo in un mercato, bancarelle fuori dalle case in cui vive la gente. Non un mercato molto economico, mi pare: ci sono oggetti d'antiquariato che mi porterei a casa, se avessi un container anziché un trolley...

Vedo - vediamo - un cane vestito con una maglia. Si tratta di un bel bassotto, curato, pulitissimo, ben nutrito, non sovrappeso. Mi rivolgo alla ragazza che in questo momento si trova vicino a me. Le chiedo se ha mai avuto un cane. Have you ever had a dog?

Yes, yesterday, for dinner!, risponde lei ridendo.

Spalanco gli occhi, lei continua a ridere, poi spiega. No, non ha mangiato un cane a cena, ieri, e non ne ha mai mangiati. Non viene dalle campagne, non ha mai sofferto la fame, ha vent'anni e non ha nessuna esperienza della guerra: l'idea di mangiare un cane è per lei comprensibile a livello razionale, spiega, se quello fosse l'unico modo di sfamare un essere umano, ma è lontana dal suo quotidiano, e l'idea di maltrattare un cane le sembra ancora più riprovevole.

Il bassotto continua ad osservarci mentre ci allontaniamo.



Argomenti: antropologia spicciola, cani, destinazioni, Vietnam

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