Viaggio a Taiwan 2016, 9° giorno: shopping a Hualien
Una cravatta aborigena, il disco di una poetessa Hakka, un te' blu
27/10/2016 | Claudio_VL | 0 commentiNono giorno a Taiwan, lunedi' 24/10. Una giornata tranquilla, sono partiti sette dei nostri compagni di viaggio, siamo rimasti soltanto mia moglie ed io, ospiti dei nostri cognati Bridget e Bradley nel loro Bed & Breakfast a Beipu, paesino nei dintorni di Hualien, sulla costa orientale di Taiwan.
Ci alziamo tardi, passiamo la mattinata in casa, poi usciamo (mia moglie ed io) dopo pranzo con Bridget, nostra cognata e padrona di casa. Suggerisco un pullman, ma Bridget ha gia' chiamato un taxi, che arriva in 4 minuti; l'autista e' una donna, come capita spesso a Taiwan, e guida in modo preciso e prudente, meglio della maggioranza dei connazionali. Alla radio "Lord Reign O'er Me", The Who. Ne parlo solo perché è la prima volta, in questo viaggio, che sento musica non taiwanese (con l'eccezione di Funiculi' Funicula', ascoltata grazie alla suoneria di un cellulare qualche giorno fa). In generale mi pare che i taiwanesi ascoltino musica molto melodica, Albano & Romina avrebbero avuto successo (e lo avrebbero tuttora), qui.
Per andare a Hualien spendiamo 150 TWD (dollari taiwanesi), circa 4 euro, meno che in pullman. Lasciamo il taxi a Hualien, in una zona di negozietti con prodotti artigianali aborigeni in Jieue Street. Entriamo in un negozio che vende utensili per cucina, no pictures please dice un cartello.
Piove, piove parecchio, pare quasi un monsone. L'umidità sembra calata, per la prima volta da quando siamo arrivati a Hualien non sto sudando.
Mia moglie e Bridget entrano in un altro negozio, le aspetto fuori perche' le Adidas che indosso richiedono tempo e fatica per essere sfilate (non l'avevo ancora detto? Nelle case taiwanesi, e a volte anche nei negozi, si entra scalzi). Passo cinque minuti come un cane abbandonato sotto il portico di fianco al negozio, poi ricordo di avere due gambe e vado a vedere una chiesa cristiana davanti alla quale siamo passati in taxi. Chiusa. Mi avevano detto che era vecchia, ma vista l'assenza di segni del tempo sulla pietra con cui e' costruita, direi che risale ai primi anni del XXI secolo. Piu' interessante uno studio fotografico li' vicino che espone in vetrina una vecchia Zenza Bronica e varie reflex Mamiya.
Entriamo nel negozio "Allma", che vende oggetti artigianali aborigeni, la proprietaria - aborigena - ha creato col marito tutti gli oggetti esposti. In effetti le cose che vedo qui (oggetti decorativi in pelle e legno) non le vedro' negli altri negozi che visiteremo in seguito.
Altro negozio di artigianato e altro, questo e' legato alla cultura Hakka, che non e' aborigena ma e' originaria della Cina, e rappresenta (la cultura, non il negozio) il 20% della popolazione taiwanese. La maggior parte degli oggetti esposti sono in materiale riciclato e sono molto curati (e costosi), io pero' sono stato catturato dalla musica di sottofondo, che mi ricorda Bjork, Joni Mitchell e i Portishead; acquisto il CD "More Than One" dei Lo Sirong & Gomoteau pagandolo 430 TWD (12 euro). Lo Sirong e' una poetessa, e Gomoteau (il nome della band) significa "indomato e indomabile" in lingua hakka. Ascoltero' il CD poi a casa, visto che l'Ideapad non ha un lettore ottico.
Acquistiamo dei dolcetti ad una bancarella, contengono un impasto di fagioli borlotti e crema, giudico ad occhio che sono buoni, e in effetti lo sono. Fotografo un anziano artigiano che prepara il takoyaki (polpette di polipo).
Ho ancora in mano la carta della confezione del dolce che ho mangiato, e non trovo un cestino della spazzatura (problema che capita di frequente, qui). Passa una signora in divisa comunale che raccoglie l'immondizia, le spiego a gesti, mi dice di buttare la mia carta per terra, lei la raccogliera'. Eseguo, osservo, mi allontano.
Raggiungiamo la A-Zone (per esteso: Hualien Cultural and Creative Industries Park), una zona ex-industriale recuperata per esposizioni di arte, artigianato e alimentazione.
Mi ritrovo a parlare di B.F. Skinner con una ragazza malese che sta facendo il suo MBA in psicologia a Taiwan e che lavora in una delle gallerie d'arte della A-Zone che espone gioielli (e in effetti non pare bigiotteria) creata da una scuola di design di Hualien (che ha 107.000 abitanti e tre universita'). Come al solito, gli stranieri presenti a Taiwan sono molto meno timidi quando si tratta di parlare inglese, al contrario dei taiwanesi.
Proviamo del te' blu al "Butterfly Pea" (Clitoria ternatea), una pianta rampicante nativa dell'Asia equatoriale e tropicale. Bel colore interessante, ma il sapore non e' di quelli memorabili.
Entriamo in un altro edificio dell'A-Zone, ce ne sono alcuni a piu' piani, di origine industriale, e altri bassi, in legno, nell'onnipresente stile giapponese. Qui troviamo opere di artigiani locali e artisti locali, quindi niente foto. Strani tavolini, occhiali con montatura in legno, borsette in pelle e legno. Andiamo in un'altra area espositiva sotto i portici in legno, questa e' una boutique che va da prodotti con Hello Kitty a profumi ed essenze piu' serie, sempre locali.
Tra gli stand espositivi, due belle ragazze taiwanesi camminano in direzione opposta alla mia, e qualche secondo dopo che sono alle mie spalle sento il rumore inconfondibile di un rutto. Ruttare e' considerato socialmente accettabile a Taiwan, quindi ... preparatevi. Entriamo in un negozio che vende ciondoli molto carini e ne compriamo uno per una sorpresa.
Poi passiamo a ritirare del te' che mia moglie aveva acquistato entrando in quest'edificio. La signora dello stand (sono stand permanenti, la disposizione dei negozi e' la stessa che ho trovato nel 2014 e 2012) ci offre del te', ci sediamo.
Ci spiega che quest'estate e' stata in Italia in luglio, per una vacanza con corso di gastronomia italiana a Milano e Parma. La sua guida turistica era un taiwanese che ha sposato un'italiana, e poi il discorso scivola su "gli uomini italiani sono tutti mammoni". Il che, detto da un/una taiwanese, e' un po' come il bue che da' del cornuto all'asino...
Usciamo dalla A-Zone e ci buttiamo nell'illuminata notte di Hualien. Entriamo in un negozio di artigianato aborigeno (il 467esimo, a occhio e croce), questo pero' moderno, arredamento minimalista, bianco. Pretenzioso, o forse poco artigianale. Acquisto comunque una cravatta aborigena (*) che pago circa €25.
(*): non e' che ci sia da secoli una tradizione aborigena che impone l'uso della cravatta, pena la fulminazione istantanea. Questa e' una "cravatta aborigena" in quando e' decorata con motivi aborigeni.
Piove, piove parecchio, pare quasi un monsone. L'umidità sembra calata, per la prima volta da quando siamo arrivati a Hualien non sto sudando.
Mia moglie e Bridget entrano in un altro negozio, le aspetto fuori perche' le Adidas che indosso richiedono tempo e fatica per essere sfilate (non l'avevo ancora detto? Nelle case taiwanesi, e a volte anche nei negozi, si entra scalzi). Passo cinque minuti come un cane abbandonato sotto il portico di fianco al negozio, poi ricordo di avere due gambe e vado a vedere una chiesa cristiana davanti alla quale siamo passati in taxi. Chiusa. Mi avevano detto che era vecchia, ma vista l'assenza di segni del tempo sulla pietra con cui e' costruita, direi che risale ai primi anni del XXI secolo. Piu' interessante uno studio fotografico li' vicino che espone in vetrina una vecchia Zenza Bronica e varie reflex Mamiya.
Entriamo nel negozio "Allma", che vende oggetti artigianali aborigeni, la proprietaria - aborigena - ha creato col marito tutti gli oggetti esposti. In effetti le cose che vedo qui (oggetti decorativi in pelle e legno) non le vedro' negli altri negozi che visiteremo in seguito.
Altro negozio di artigianato e altro, questo e' legato alla cultura Hakka, che non e' aborigena ma e' originaria della Cina, e rappresenta (la cultura, non il negozio) il 20% della popolazione taiwanese. La maggior parte degli oggetti esposti sono in materiale riciclato e sono molto curati (e costosi), io pero' sono stato catturato dalla musica di sottofondo, che mi ricorda Bjork, Joni Mitchell e i Portishead; acquisto il CD "More Than One" dei Lo Sirong & Gomoteau pagandolo 430 TWD (12 euro). Lo Sirong e' una poetessa, e Gomoteau (il nome della band) significa "indomato e indomabile" in lingua hakka. Ascoltero' il CD poi a casa, visto che l'Ideapad non ha un lettore ottico.
Acquistiamo dei dolcetti ad una bancarella, contengono un impasto di fagioli borlotti e crema, giudico ad occhio che sono buoni, e in effetti lo sono. Fotografo un anziano artigiano che prepara il takoyaki (polpette di polipo).
Ho ancora in mano la carta della confezione del dolce che ho mangiato, e non trovo un cestino della spazzatura (problema che capita di frequente, qui). Passa una signora in divisa comunale che raccoglie l'immondizia, le spiego a gesti, mi dice di buttare la mia carta per terra, lei la raccogliera'. Eseguo, osservo, mi allontano.
Raggiungiamo la A-Zone (per esteso: Hualien Cultural and Creative Industries Park), una zona ex-industriale recuperata per esposizioni di arte, artigianato e alimentazione.
Mi ritrovo a parlare di B.F. Skinner con una ragazza malese che sta facendo il suo MBA in psicologia a Taiwan e che lavora in una delle gallerie d'arte della A-Zone che espone gioielli (e in effetti non pare bigiotteria) creata da una scuola di design di Hualien (che ha 107.000 abitanti e tre universita'). Come al solito, gli stranieri presenti a Taiwan sono molto meno timidi quando si tratta di parlare inglese, al contrario dei taiwanesi.
Proviamo del te' blu al "Butterfly Pea" (Clitoria ternatea), una pianta rampicante nativa dell'Asia equatoriale e tropicale. Bel colore interessante, ma il sapore non e' di quelli memorabili.
Entriamo in un altro edificio dell'A-Zone, ce ne sono alcuni a piu' piani, di origine industriale, e altri bassi, in legno, nell'onnipresente stile giapponese. Qui troviamo opere di artigiani locali e artisti locali, quindi niente foto. Strani tavolini, occhiali con montatura in legno, borsette in pelle e legno. Andiamo in un'altra area espositiva sotto i portici in legno, questa e' una boutique che va da prodotti con Hello Kitty a profumi ed essenze piu' serie, sempre locali.
Tra gli stand espositivi, due belle ragazze taiwanesi camminano in direzione opposta alla mia, e qualche secondo dopo che sono alle mie spalle sento il rumore inconfondibile di un rutto. Ruttare e' considerato socialmente accettabile a Taiwan, quindi ... preparatevi. Entriamo in un negozio che vende ciondoli molto carini e ne compriamo uno per una sorpresa.
Poi passiamo a ritirare del te' che mia moglie aveva acquistato entrando in quest'edificio. La signora dello stand (sono stand permanenti, la disposizione dei negozi e' la stessa che ho trovato nel 2014 e 2012) ci offre del te', ci sediamo.
Ci spiega che quest'estate e' stata in Italia in luglio, per una vacanza con corso di gastronomia italiana a Milano e Parma. La sua guida turistica era un taiwanese che ha sposato un'italiana, e poi il discorso scivola su "gli uomini italiani sono tutti mammoni". Il che, detto da un/una taiwanese, e' un po' come il bue che da' del cornuto all'asino...
Usciamo dalla A-Zone e ci buttiamo nell'illuminata notte di Hualien. Entriamo in un negozio di artigianato aborigeno (il 467esimo, a occhio e croce), questo pero' moderno, arredamento minimalista, bianco. Pretenzioso, o forse poco artigianale. Acquisto comunque una cravatta aborigena (*) che pago circa €25.
(*): non e' che ci sia da secoli una tradizione aborigena che impone l'uso della cravatta, pena la fulminazione istantanea. Questa e' una "cravatta aborigena" in quando e' decorata con motivi aborigeni.
Se sulle isole Matsu avevo notato insegne luminose tutte delle stesse dimensioni, qui a Hualien non vale la stessa regola: le insegne sono alte, basse, verticali, orizzontali, led, neon, in una cacofonia luminosa che da' l'impressione di trovarsi un una citta' molto piu' grande.
Mia moglie e mia cognata entrano in un negozio, aspetteremo mio cognato Bradley per poi andare insieme in un ristorante giapponese. Seduto fuori dal negozio, che fa angolo in un incrocio, vedo se riesco a connettermi ad una rete Wifi. Conto 32 reti WiFi, tutte protette. Fotografo un negozio della Robe Di Kappa, uno dei pochi marchi italiani che ha una diffusione capillare in Asia (anche se pochi sanno sia italiano), mi fa piacere vedere un'azienda nazionale contrastare le popolari marche d'abbigliamento Bossini, Baleno e Giordano, che nonostante il nome sono tutte di Hong Kong.
Arriva Bradley, e arriviamo al ristorante alle 7,35. Tavolo col barbecue incassato, siamo noi a mettere la carne sul fuoco. Continueremo per due ore, visto che il barbecue è a buffet, cioe' eat as much as you like, appunto per due ore.
Alle nove e quindici scopro che ci sono anche gelati, anche loro a buffet, e dico a mia moglie "Che ci sto a fare qui?", faccio il pieno di gelato tre volte. Non eccezionale, ma c'è il gusto di burro di arachidi che in Italia non ho visto molto spesso, e che mangerei all'infinito. Torniamo a casa satolli, ma volendo potremmo continuare a mangiare tutta la notte, qui a Hualien come nelle altre citta' taiwanesi medio-grandi.
E non solo in chioschi come quelli nella foto! Argomenti: acquisti, Hualien e dintorni, Mangiare e bere a Taiwan, street food, Taiwan
Mia moglie e mia cognata entrano in un negozio, aspetteremo mio cognato Bradley per poi andare insieme in un ristorante giapponese. Seduto fuori dal negozio, che fa angolo in un incrocio, vedo se riesco a connettermi ad una rete Wifi. Conto 32 reti WiFi, tutte protette. Fotografo un negozio della Robe Di Kappa, uno dei pochi marchi italiani che ha una diffusione capillare in Asia (anche se pochi sanno sia italiano), mi fa piacere vedere un'azienda nazionale contrastare le popolari marche d'abbigliamento Bossini, Baleno e Giordano, che nonostante il nome sono tutte di Hong Kong.
Arriva Bradley, e arriviamo al ristorante alle 7,35. Tavolo col barbecue incassato, siamo noi a mettere la carne sul fuoco. Continueremo per due ore, visto che il barbecue è a buffet, cioe' eat as much as you like, appunto per due ore.
Alle nove e quindici scopro che ci sono anche gelati, anche loro a buffet, e dico a mia moglie "Che ci sto a fare qui?", faccio il pieno di gelato tre volte. Non eccezionale, ma c'è il gusto di burro di arachidi che in Italia non ho visto molto spesso, e che mangerei all'infinito. Torniamo a casa satolli, ma volendo potremmo continuare a mangiare tutta la notte, qui a Hualien come nelle altre citta' taiwanesi medio-grandi.
E non solo in chioschi come quelli nella foto! Argomenti: acquisti, Hualien e dintorni, Mangiare e bere a Taiwan, street food, Taiwan
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