Weekend nel Kent: l’isola di Sheppey
Conquistata dagli olandesi in un paio d'ore
11/07/2021 | Claudio_VL | 0 commentiDurante la visita nel Kent, dopo aver visto Rochester e Gravesend, trascorriamo la domenica esplorando l'isola di Sheppey, vicino all'estuario del Tamigi. 93 chilometri quadrati, a 70 km da Londra, quest'area del Kent e' di solito affollata di londinesi, durante la domenica.
La cosa che ci ha attirato, di quest'isola, e' la sua curiosa storia: è infatti una delle poche parti del Regno Unito ad essere stata conquistata da una potenza straniera (se escludiamo la conquista normanna del 1066). Nell'anno 835 i vichinghi attaccarono l'isola, in seguito vi ci si insediarono, e fin qui niente di strano: le incursioni nordiche nelle isole britanniche sono state tante. Ma l'isola di Sheppey ha colline e foreste, il che probabilmente rendeva possibile ai battelli dei razziatori avvicinarsi alle città a nord ed ovest dell'isola senza essere avvistati; col tempo quei canali si sono riempiti di sedimenti fino a scomparire.
Il successo dell'isola con i visitatori stranieri ostili può anche essere dovuto alla sua morfologia: quella che ora e' una singola isola in passato era un mini-arcipelago formato dalle isole di Sheppey, Harty a sud-est e Elmley a sud-ovest, il che offriva agli invasori ulteriori canali per avvicinarsi inosservati.
E' possibile che questo essere in prima linea durante gli attacchi stranieri abbia portato i residenti dell'isola a valorizzare più che altrove la propria britannicità anche nella toponomastica? Ecco un cartello visto nella città di Sheerness, la più grande dell'isola coi suoi dodicimila abitanti.
Non sono gli attacchi dei vichinghi a rendere inusuale la storia dell'isola, quell'onore spetta invece agli olandesi, che nel 1667 attaccarono il forte di Sherness, incompleto e con una guarnigione malnutrita e malpagata. Impiegarono poche ore per sconfiggere la guarnigione e nei giorni successivi occuparono l'intera isola di Sheppey, razziarono cibo, cannoni e munizioni, poi bruciarono tutto ciò che era infiammabile e se ne andarono dopo una settimana. Più che un'invasione pare una vacanza parecchio avvinazzata...
Sheerness si trova presso l'estuario del fiume Medway, nell'angolo nord-occidentale dell'isola. Vedendola di domenica mattina mi ha dato l'impressione di un posto come King's Lynn e come tanti altre città lungo la costa orientale dell'Inghilterra: tanti negozi chiusi, cifre sulla disoccupazione che sembrano in contrasto con la quantità di persone in giro che paiono disoccupate e col numero di senzatetto sui gradini dei negozi chiusi. Per un turista ci sono alcune cose non brutte, come la torre dell'orologio (foto in alto in questa pagina) in ghisa, alta 11 metri e installata nel 1901 per festeggiare l'incoronazione di Re Edoardo VII.
Una spiaggia battuta dal vento a Sheerness.
Un gioco di parole esplosivo...
"You'll have a blast" significa "ti divertirai un sacco", ma "blast" significa anche esplosione, e questa sirena sembra pronta a far esplodere del TNT, probabilmente nel relitto visibile sulla destra. Nel 1944 una nave da carico statunitense, la SS Richard Montgomery, si areno' ed affondo' a meno di due chilometri da Sherness. Trasportava un vasto quantitativo di esplosivi, che non venne mai recuperato per i costi e i pericoli di una simile operazione, per cui il rischio di un'esplosione permane a distanza di quasi ottant'anni.
L'altro lato della spiaggia di poco fa, in questo caso fotografato guardando verso est.
Quella settimana di occupazione olandese, nel XVII secolo, non ha lasciato tracce (*), per cui lasciamo Sheerness in cerca di un posto dove mangiare (che qui non abbiamo visto). Scendiamo lungo la costa occidentale.
Arriviamo a Queenborough, piccola città sul mare. Ci sono un paio di micro-pub e un ristorante chiamato Mint & Chocolate, il cui nome mi attira, ma oggi speravamo di mangiare pesce, quindi risaliamo in auto.
Queenborough. Quando non hai un giardino e ti piacciono le piante, ti arrangi come puoi.
Dopo pochi minuti, ancora a Queenborough, vedo un ristorante celeste con il disegno di un pesce. Si chiama Queen Phillippa, parcheggiamo, ordiniamo da mangiare (fish & chips per me, gamberoni per mia moglie) e aspettiamo.
Aspettiamo. Aspettiamo, anche se non c’è una gran folla, nel ristorante. Aspettiamo ancora. Per fortuna i lampadari si fanno guardare.
Quando il nostro pranzo arriva devono essere passati tre quarti d'ora. Il maître si scusa, spiega che mancano i camerieri, sia nel ristorante che nel resto dell'Inghilterra (ne parliamo in Londra: mancano i camerieri, ristorante con una stella Michelin chiude per pranzo su un altro sito).
C’è un'altra sorpresa: il ristorante non può accettare carte di credito, oggi (non per motivi religiosi: credo abbiano problemi con la connessione). Abbiamo appena appena contanti sufficienti per pagare, visto che non ce li usiamo mai. Nei prossimi giorni ci accorgeremo che nella costa settentrionale del Kent quasi tutti i bancomat sembrano aver finito le scorte di banconote (colpa di Brexit? COVID-19? C'è stato un terremoto? Una tremenda inondazione? Le cavallette?).
Ripartiamo verso la parte orientale dell'isola di Sheppey.
L'idea sarebbe di seguire il perimetro dell'isola in senso orario, ma dopo poco ci ritroviamo sempre più verso il centro collinare dell'isola, su strade di campagna sempre più piccole che diventano sterrate, poi sentieri a una corsia con qualche trattore di troppo dietro curve cieche, per poi terminare davanti ad un campeggio o a una cascina.
Finalmente arriviamo ad Harty, che una volta era un'isoletta, nella zona sud-orientale dell'isola di Sheppey.
L'area di Harty e' stata abitata perlomeno dall’età del bronzo, visto che sono stati disseppelliti asce e scalpelli in bronzo risalenti a quel periodo. In passato era presente anche una villa romana e, più recentemente, un molo per il traghetto che collegava l'isola alla terraferma.
Il motivo della nostra visita a questa minuscola destinazione e' la chiesa di St Thomas the Apostle, risalente all'XI / XII secolo.
È una bella chiesetta rustica, senza elettricità ne' acqua corrente, molto tranquilla in questo soleggiato pomeriggio domenicale.
Ci sono altre due coppie oltre a noi, non si fa fatica a mantenere due metri di distanza.
Ripartiamo, torniamo in albergo. A parte le code sulle strade principali, in questo weekend di fine maggio non abbiamo trovato troppa gente in giro (e questo nonostante non ci fosse un lockdown in corso, in Inghilterra).
Argomenti: Gran Bretagna, isole, racconti